L’importanza del substrato e come donare lunga vita a una pianta

substrato pianta

Di fondamentale importanza per la vita della pianta in quanto svolge funzioni essenziali:

  • Fornire ancoraggio al suolo e sostegno fisico;
  • Trattenere e rendere disponibile alla talea l’acqua e gli elementi nutritivi, indispensabili per la crescita di nuove radici e al successivo sviluppo, nonché la coesistenza con l’aria.

Per garantire questo deve, quindi, essere sufficientemente compatto tanto da sostenere le talee durante la radicazione, il suo volume deve essere il più costante possibile (non deve costiparsi) sia quando è bagnato che quando è asciutto.

La contrazione a seguito dell’essiccamento e successiva bagnatura può essere particolarmente dannosa per le nuove radici.

Possedere buona capacità di assorbenza così da non dover essere bagnato troppo di frequente nella giornata.

Poroso a sufficienza per sgrondare acqua in eccesso e in tempi brevi, garantire una adeguata aerazione.

Esente da parassiti sia animali che funghi e batteri, non ultimo da semi di erbe infestanti.

Deve avere una salinità il più basso possibile (non superiore a 300 ms).

Disporre di una capacità di scambio (essere in grado di fornire sostanze nutritive alla talea fin dalle prime fasi della radicazione) adeguata.

Tutte queste caratteristiche assumono importanza fondamentale per le talee legnose e per tutte quelle specie che richiedono tempi di radicazione molto lunghi (eugenia mirtifolia, ulivo, grevillee varie, ect).

Nel tempo si sono usate diverse materie prime ma comprendiamo facilmente come sia difficile trovare tutte le suddette caratteristiche in un solo materiale.

Storicamente per radicare si è usato anche il terreno ma ormai nelle nuove aree la radicazione nel terreno non è più in uso per gli scarsi risultati correlati agli alti costi attuali della manodopera.

Personalmente ho visto di recente in Turchia radicare dei Cupressus layalandii in bustine di plastica riempite con terra di campo, molto sciolta. Impiantavano a fine estate e le talee risultavano radicate in primavera, quindi buoni 7 mesi per fare nuove radici!

Tra i materiali attuali merita ricordare la sabbia ricavata da rocce quarzifere lavorate per ottenere diametro di 0,05 – 2 mm. E’ stata usata negli anni addietro per la radicazione delle talee, oggi si usa solo per particolari miscele per renderle più incoerenti (con la torba scura) e non soggette a compattamento. In ogni caso deve essere preventivamente sterilizzata e esente da semi di infestanti.

La torba si estrae dalle paludi e altro non è che residui di vegetazione palustre conservatasi sotto l’acqua e in parziale decomposizione. A seconda dello stato di quest’ultimo si distinguono in torbe bionde, poco decomposte, e torbe brune e infine torbe nere più decomposte. Essa è caratterizzata da elevata capacità di trattenere acqua e da scarsa aerazione, inoltre essendo in decomposizione tende a compattarsi in tempi brevi e manifesta scarsa affinità con l’acqua, in caso di asciugatura può risultare molto difficoltoso, se non impossibile, bagnarla nuovamente.

Perlite.

Di origine vulcanica, estremamente leggera, trattiene acqua fino a 3-4 volte il suo peso. Non ha capacità di trattenere elementi nutritivi. Viene usata per aumentare l’aerazione delle torbe, producendo dunque un substrato misto largamente utilizzato nel taleaggio. La perlite negli anni è stata largamente utilizzata tal quale per la radicazione delle talee legnose, primo tra tutti l’ulivo seguito poi da tante altre specie.

La difficoltà che si riscontra utilizzando questo materiale risiede principalmente nella possibilità che si sviluppino dei marciumi che una volta avuti risultano incontrollabili, con danni a tutta la radicazione.

Le vasche che la contengono, una volta contaminate, devono essere sterilizzate e la cosa non è facile, né efficace. La mancanza di capacità nutrizionali obbligano a trasferire tempestivamente le talee radicate, perdendo molte di esse non ancora pronte, con radici poco forti e non è in grado di affrontare una crisi di trapianto. Inoltre il materiale non va riutilizzato in quanto con la bagnatura la struttura subisce un decadimento. La lavorazione e il successivo trasferimento delle talee radicate risultano essere molto delicati e comportano costi elevati e molte perdite nei primi giorni dopo l’impianto. Il fatto che non sia possibile asportare le prime talee radicate senza danneggiare inverosimilmente le altre talee eleva notevolmente i costi di produzione.

Fibra di cocco.

Ricavata dalla pulitura della parte esterna dei semi del cocco (la noce come noi la vediamo) ha caratteristiche fisico-chimiche molto simili alle torbe bionde. Usata per la radicazione ma rispetto alla torba presenta alcuni importanti vantaggi:

  • Ph vicino alla neutralità (5.5 – 6.8)
  • Capacità di mantenere a lungo la struttura originaria, degradazione molto lenta
  • Elevato drenaggio e capacità di assorbire l’acqua.

Inoltre risulta ecologica e eco-compatibile in quanto prodotta come materiale di scarto originato dalla raccolta delle noci di cocco destinate ad altri usi.

A fine ciclo può essere smaltita aggiungendola al terreno agrario o nei vasi di coltivazione.

Possiede una certa capacità di scambio ma tende a trattenere gli elementi nutritivi e a renderli disponibile lentamente, talvolta non in linea con le esigenze della pianta e di questo bisogna tenere conto nei piani di fertilizzazione.

A questo punto abbiamo trattato velocemente i principali materiali che possono essere utilizzati per la radicazione e ci chiediamo: “Qual è il migliore”?

Premesso che alcuni materiali sono obsoleti, a seconda delle strutture e delle tecniche adottate, si preferisce uno anziché un altro.

La tendenza attuale è nello sviluppo di miscele dei suddetti materiali allo scopo di prendere da ognuno la caratteristica più positiva e mitigarne quello negativo.

Delle tecniche di radicazione approfondiremo meglio in seguito.

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Dott. Vittorio Capitanio

Creatore del metodo ELEPOT®